La costruzione del palazzo fu iniziata nella prima metà del XVIII secolo dalla famiglia Piromallo di Montebello, e fu terminata dal nipote barone Francesco Calfapietra di Radicena nel 1762 per la famiglia Calfapietra.
Nella “Sezione fabbricati” del Catasto del 1825 il palazzo risulta intestato ai baroni fratelli Luigi e Giuseppe Calfapietra, eredi del barone Francesco Calfapietra iscritto alla Mastra Nobiliare di Messina, e vengono indicati i seguenti ambienti e la rendita: camere d’eccezione: 2 camere di 1° e 2°, 2 camere di 2°, 10 camere di 3° (rendita netta imponibile ducati 65,84); bassi di 1° e 2°, 2 di 2°, 4 di 3° (rendita netta imponibile ducati 19,84); 1 magazzino di olio di 1° (rendita netta imponibile ducati 15,00); 2/32 di orto sott’acqua lorda e netta di 1° (rendita netta imponibile ducati 0,87).
La famiglia Calfapietra vendette l’edificio alla famiglia Gagliardi di Monteleone. In seguito il marchese Francesco Gagliardi di Panaja, con un testamento risalente al 1886 nominò sua erede universale la moglie, signora Gurgo Antonietta dei duchi di Castelmonardo, la quale con un altro testamento del 1905 lasciò il palazzo e l’orticello Fontanella al fratello Francesco Saverio Gurgo Duca di Castelmonardo ed in usufrutto al marito in seconde nozze On. le Avv. Pasquale Murmura.
Nel 1918 Francesco Gurgo fu Camillo, a sua volta, tramite il notaio Adolfo Dragone, vendette al signor Francesco Starace Tripodi di Augusto sia il palazzo Calfapietra sia l’orticello Fontanella. Infine, nel 1939 per dissesto finanziario del signor Starace, il palazzo fu venduto all’asta dal Tribunale di Palmi ed acquistato dalla signora Margherita Alessio Bagnato, che cedette una parte del palazzo ai signori Terranova. L’edificio è quindi denominato palazzo Alessio- Terranova dal nome dei suoi attuali proprietari, i quali hanno apportato notevoli modifiche alle strutture interne dell’edificio.
Questa residenza, prospiciente corso Italia, costituisce una rilevante emergenza architettonica nell’ambito del tessuto urbano di Cittanova, nel quale occupa un intero isolato in posizione centrale tra il nucleo antico e la nuova espansione settecentesca.
Dal lato di ponente inglobava una piccola chiesa intitolata a San Giuseppe di ius patronato dei Piromalli, con altari di marmo, con volte e grosse mura che richiamano schemi di architettura medioevale. Alla fine dell’Ottocento, l’edificio fu adibito a Caserma dei Carabinieri.
È un edificio a tre piani, con cortile aperto sul lato posteriore su un annesso giardino chiuso da un alto muro. L’impianto a corte aperta in genere era prescelto quale tipologia ideale per coniugare le esigenze del palazzo a quelle della residenza di campagna, in virtù del vasto giardino retrostante.
Ogni prospetto presenta un ingresso con portale. In facciata presenta un’alta zona basamentale comprendente il piano terra e il primo piano, i quali risultano separati dall’ultimo piano tramite una cornice marcapiano.
La facciata principale era organizzata secondo un asse di simmetria definito da una fascia centrale, costituita da un alto portale d’ingresso sovrastato da una piccola finestra al di sopra della quale, separata dal marcapiano, si apriva, su un balcone con ringhiera in ferro battuto, una portafinestra con timpano triangolare. Questo prospetto, su ogni lato rispetto al portale d’ingresso principale (A), presentava: al piano terra due finestre (b) con al centro un portoncino d’ingresso (B), definendo il ritmo bBb A bBb; al primo piano tre finestre con cornice lineare, separate dalla piccola finestra sovrastante il portale d’ingresso; mentre all’ultimo piano, sempre ai lati rispetto all’asse centrale (a questo piano segnato dal balcone con portafinestra) vi erano due finestre con timpano curvilineo (b) e agli angoli un balcone, che girava sulla facciata laterale e sul quale si aprivano portafinestre con timpano triangolare, definendo un ritmo del tipo abb a bba.
Il portale d’ingresso, realizzato in stile tardo-barocco, presentava piedritti poggianti su semplici plinti ed arco a tutto sesto a bugne tronco-piramidali: al centro dell’arco era collocata una maschera antropomorfa costituente il concio di chiave, al di sotto del quale è stata incisa la data 1762 (probabilmente anno di completamento della costruzione dell’edificio), mentre alla base di ogni piedritto, su ogni lato, sono state applicate delle volute fogliate poggianti su piccoli plinti.
I tre piani avevano diversa distribuzione funzionale: il piano terra probabilmente era adibito a botteghe; al primo piano vi erano gli ambienti di servizio; il secondo piano, infine, doveva essere quello nobile, residenziale.